Gotica - Contrappunti di Architettura. Fotografie di Daniele Indrigo
Pubblicata il 15/09/2023
Dal 24/09/2023 al 24/09/2023
Gotica - Contrappunti di Architettura. Fotografie di Daniele Indrigo
Sesto al Reghena dal 24 settembre al 29 ottobre 2023
Salone Abbaziale, Piazza Castello
venerdì, sabato, domenica: ore 10-12 e 15-18
Inaugurazione domenica 24 settembre 2023, ore 17
Ingresso libero
In collaborazione con Associazione Pro Sesto
Qual è il soggetto di queste fotografie di Daniele Indrigo? Qual è il soggetto in ogni fotografia, ci verrebbe da chiedere. Non basta definire l’atto fotografico come la certificazione di qualcosa che “è stato”, ma bisogna considerare la sovranità del soggetto osservatore sull’immagine osservata; ne consegue che il paradigma “ciò è stato” andrebbe rivisto con “io sono stato” o meglio “io (soggetto) ho visto/fotografato (predicato) ciò (complemento)”. L’immagine che vediamo dentro una fotografia non è il soggetto, ma il complemento; Daniele Indrigo è il soggetto di queste immagini. Io, Daniele Indrigo, sono stato lì e ho visto ciò: perché ciò parla di me. Il ciò sono le architetture di grandi cattedrali gotiche che hanno esaltato la ripresa culturale e figurativa seguita alla crisi altomedievale; il Gotico Internazionale si esprime con le forme allusive, metaforiche e simboliche, legate tra loro da contrappunti, come li definisce Daniele, profondo conoscitore della musica; nel percorrere le navate di questi edifici monumentali sembra di immergersi nelle atmosfere di un salmo Gregoriano, in cui il ritmo è scandito su un tetragramma ideale dall’incedere.
L’autore ci presenta le fotografie in formato rettangolare, coi lati rigorosamente in rapporto 2:3. Questa scelta assume una precisa valenza linguistica: il rapporto 2:3 equivale a un accordo di quinta, C-G, o Do-Sol come usiamo dire, che sono le note portanti in un canto gregoriano.
La scelta di fotografare esclusivamente gli interni di questi luoghi acquista un significato coerente.
Capitelli e nervature, i trafori delle grandi finestre istoriate, ci parlano di una Natura Madre rigogliosa in un Universo finito, retto dalle regole della geometria medievale, come nei chiostri dei monasteri benedettini: luoghi segreti, abbondanti di erbe aromatiche e officinali. Nella fioritura dei capitelli e delle nervature che continuano la verticalità di colonne e rimandano ai palmeti del gotico normanno, ci conducono alla mistica immagine dell’Hortus Conclusus, Eden in terra, teatro della Annunciazione e metaforico della verginità di Maria. E non è casuale che siamo qui, In Sylvis, a parlare ancora della Madre Celeste alla quale questo luogo è dedicato, così come alla Nostra Signora sono dedicate molte di queste cattedrali.
Armonia geometrica e simbolismo sono compresi da Daniele Indrigo, che nel rigore della composizione e nella sapiente trattazione della Luce da misteriosi risultano ora svelati a noi grazie alla sapiente padronanza del bianconero: «il fotografo d’arte è esso stesso un artista» scriveva Ando Gilardi; come Viollet Le-Duc, Daniele Indrigo diventa interprete ed esso stesso artista e, nel farlo, ciò che sembra complesso è portato all’essenziale, ci mostra nulla più di quanto serva alla sua e alla nostra comprensione: Io sono ciò che ho visto.
Antonio Ros
Daniele Indrigo è nato nel 1965 e fotografa dal 1996. Vive e lavora tra gli echi veneziani di Sacile, città Giardino della Serenissima.
Dal 2003 lavora esclusivamente in digitale, scattando ogni foto per elaborarla successivamente con pazienti interventi di sviluppo in camera chiara, per restituire ogni più piccolo dettaglio della
scena fotografata. Stampa prevalentemente in bianconero con tecnica fineart ai pigmenti di carbone. Indrigo predilige il genere del paesaggio naturale, ma anche lo studio d’immagini d’architettura
e d’arte antica, colti quasi in una loro segreta dimensione di vita interiore. Con lo stesso sguardo emotivo ed estetico si dedica anche alle arti performative. Tra i suoi progetti: Terre/Sogni del 2004, Gotica del 2009, Vizi e Virtù con Arlecchino del 2011 (staged photography realizzata con l’artista performer Claudia Contin Arlecchino), Matera la città dei sassi del 2015, Fær Øer. Le isole del silenzio del 2016, Miti del 2023. Tra il 2010 e il 2014 ha inoltre condiviso i progetti collettivi del gruppo Fotografi FVG Fotografare la luce, Fotografare il tempo, Vedere meglio, Immagine riflessa, riuniti nell’antologica Il Tempo dei Fotografi. Dal 2019 partecipa con il gruppo alle collettive della nuova serie Caleidoscopica presso la galleria ArtOk di Palmanova (Fuoritema, 2021 e Poli Opposti, 2022), mentre con il CRAF di Spilimbergo ha esposto per il progetto Fotografario (2020 e 2021 Fotografario-L’Autorappresentazione), che riunisce una selezione dei fotografi più rappresentativi del Friuli Venezia Giulia. Interessanti anche le collaborazioni con il Festival Maravee (Corpus, 2014 e Circus, 2023). Una sessantina, dal 2008, le mostre personali e collettive esposte in gallerie e spazi
museali in Italia, Slovenia, Francia, Belgio. Tra le pubblicazioni curate, la plaquette d’artista in tiratura limitata Fær Øer. Le isole del silenzio nel 2017.
Sesto al Reghena dal 24 settembre al 29 ottobre 2023
Salone Abbaziale, Piazza Castello
venerdì, sabato, domenica: ore 10-12 e 15-18
Inaugurazione domenica 24 settembre 2023, ore 17
Ingresso libero
In collaborazione con Associazione Pro Sesto
Qual è il soggetto di queste fotografie di Daniele Indrigo? Qual è il soggetto in ogni fotografia, ci verrebbe da chiedere. Non basta definire l’atto fotografico come la certificazione di qualcosa che “è stato”, ma bisogna considerare la sovranità del soggetto osservatore sull’immagine osservata; ne consegue che il paradigma “ciò è stato” andrebbe rivisto con “io sono stato” o meglio “io (soggetto) ho visto/fotografato (predicato) ciò (complemento)”. L’immagine che vediamo dentro una fotografia non è il soggetto, ma il complemento; Daniele Indrigo è il soggetto di queste immagini. Io, Daniele Indrigo, sono stato lì e ho visto ciò: perché ciò parla di me. Il ciò sono le architetture di grandi cattedrali gotiche che hanno esaltato la ripresa culturale e figurativa seguita alla crisi altomedievale; il Gotico Internazionale si esprime con le forme allusive, metaforiche e simboliche, legate tra loro da contrappunti, come li definisce Daniele, profondo conoscitore della musica; nel percorrere le navate di questi edifici monumentali sembra di immergersi nelle atmosfere di un salmo Gregoriano, in cui il ritmo è scandito su un tetragramma ideale dall’incedere.
L’autore ci presenta le fotografie in formato rettangolare, coi lati rigorosamente in rapporto 2:3. Questa scelta assume una precisa valenza linguistica: il rapporto 2:3 equivale a un accordo di quinta, C-G, o Do-Sol come usiamo dire, che sono le note portanti in un canto gregoriano.
La scelta di fotografare esclusivamente gli interni di questi luoghi acquista un significato coerente.
Capitelli e nervature, i trafori delle grandi finestre istoriate, ci parlano di una Natura Madre rigogliosa in un Universo finito, retto dalle regole della geometria medievale, come nei chiostri dei monasteri benedettini: luoghi segreti, abbondanti di erbe aromatiche e officinali. Nella fioritura dei capitelli e delle nervature che continuano la verticalità di colonne e rimandano ai palmeti del gotico normanno, ci conducono alla mistica immagine dell’Hortus Conclusus, Eden in terra, teatro della Annunciazione e metaforico della verginità di Maria. E non è casuale che siamo qui, In Sylvis, a parlare ancora della Madre Celeste alla quale questo luogo è dedicato, così come alla Nostra Signora sono dedicate molte di queste cattedrali.
Armonia geometrica e simbolismo sono compresi da Daniele Indrigo, che nel rigore della composizione e nella sapiente trattazione della Luce da misteriosi risultano ora svelati a noi grazie alla sapiente padronanza del bianconero: «il fotografo d’arte è esso stesso un artista» scriveva Ando Gilardi; come Viollet Le-Duc, Daniele Indrigo diventa interprete ed esso stesso artista e, nel farlo, ciò che sembra complesso è portato all’essenziale, ci mostra nulla più di quanto serva alla sua e alla nostra comprensione: Io sono ciò che ho visto.
Antonio Ros
Daniele Indrigo è nato nel 1965 e fotografa dal 1996. Vive e lavora tra gli echi veneziani di Sacile, città Giardino della Serenissima.
Dal 2003 lavora esclusivamente in digitale, scattando ogni foto per elaborarla successivamente con pazienti interventi di sviluppo in camera chiara, per restituire ogni più piccolo dettaglio della
scena fotografata. Stampa prevalentemente in bianconero con tecnica fineart ai pigmenti di carbone. Indrigo predilige il genere del paesaggio naturale, ma anche lo studio d’immagini d’architettura
e d’arte antica, colti quasi in una loro segreta dimensione di vita interiore. Con lo stesso sguardo emotivo ed estetico si dedica anche alle arti performative. Tra i suoi progetti: Terre/Sogni del 2004, Gotica del 2009, Vizi e Virtù con Arlecchino del 2011 (staged photography realizzata con l’artista performer Claudia Contin Arlecchino), Matera la città dei sassi del 2015, Fær Øer. Le isole del silenzio del 2016, Miti del 2023. Tra il 2010 e il 2014 ha inoltre condiviso i progetti collettivi del gruppo Fotografi FVG Fotografare la luce, Fotografare il tempo, Vedere meglio, Immagine riflessa, riuniti nell’antologica Il Tempo dei Fotografi. Dal 2019 partecipa con il gruppo alle collettive della nuova serie Caleidoscopica presso la galleria ArtOk di Palmanova (Fuoritema, 2021 e Poli Opposti, 2022), mentre con il CRAF di Spilimbergo ha esposto per il progetto Fotografario (2020 e 2021 Fotografario-L’Autorappresentazione), che riunisce una selezione dei fotografi più rappresentativi del Friuli Venezia Giulia. Interessanti anche le collaborazioni con il Festival Maravee (Corpus, 2014 e Circus, 2023). Una sessantina, dal 2008, le mostre personali e collettive esposte in gallerie e spazi
museali in Italia, Slovenia, Francia, Belgio. Tra le pubblicazioni curate, la plaquette d’artista in tiratura limitata Fær Øer. Le isole del silenzio nel 2017.
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